Da Fia a Eia: la Federazione internazionale dell’automobile sembra essere diventata un Emirato internazionale dell’automobile. Non c’entra però nulla la provenienza geografica del presidente, l’emiratino Mohammed Ben Sulayem, quanto le modalità di gestione del dissenso interno, dei non allineati alle politiche dei vertici. Chi non si conforma viene messo a tacere, attraverso licenziamenti (talvolta mascherati da dimissioni) o minacce di pesantissime sanzioni economiche. Gli ultimi ricambi in alcuni ruoli di vertice della federazione, uniti alla presa di posizione della Gpda, l’associazione dei piloti, contro il diktat sulla correttezza del linguaggio da utilizzare, rappresentano gli ultimi due episodi di una gestione, da parte di Ben Sulayem, più da sovrano-dittatore che da presidente.
Da quando è guidata da George Russell, la Gpda non ha mai brillato per intraprendenza. Basta ricordare il silenzio dopo il GP di Qatar dello scorso anno, quello in cui, a causa del caldo estremo, Ocon vomitò nel casco, Sargeant quasi sveniva nell’abitacolo, Alonso si ustionò. Un’associazione dormiente che si è scossa dal proprio torpore dopo le sanzioni comminate a Max Verstappen e Charles Leclerc per linguaggio inappropriato. Parolacce, va sottolineato, non indirizzate ad alcuna persona, bensì a un oggetto inanimato come una monoposto, oppure a una situazione di gara, o ancora al tempo atmosferico. Un’imposizione moralistica, da maestrino, che si aggiunge a quelle sul coretto abbigliamento da utilizzare nel paddock e a ciò che si può dire, attraverso interviste o messaggi su caschi o indumenti, in merito a determinati temi extra–sportivi. Riguardo a quest’ultimo caso, la destinazione dell’eventuale multa pari a 1 milione di euro non è mai stata specificata dalla Fia, nonostante la richiesta di trasparenza avanzata a più riprese dai piloti. Ma nemmeno la menzionata presa di posizione ufficiale dalla Gpda ha ottenuto risposta. I sovrani non dialogano. Ordinano.
Le recenti rimozioni di Niels Wittich e Paolo Basarri sono stati gli ultimi movimenti in uscita all’interno di un processo di rimpasto federale che negli ultimi mesi ha messo alla porta Deborah Mayer, Steve Nielsen, Tim Gross, Natalie Robyn, Luke Skipper e Jacob Bangsgaard. Tutte figure di rilievo, visto che si tratta rispettivamente del direttore di corsa della F1, del responsabile della “commissione etica” (compliance officer), del capo della Comissione donne nel motorsport, del direttore sportivo, del capo tecnico, dell’amministratrice delegata, del direttore delle comunicazioni e del segretario generale della mobilità. La storia più importante riguarda Wittich, dimessosi secondo la Fia, licenziato invece secondo le parole del diretto interessato. Scelto come direttore di gara dopo la rimozione di Michael Masi, l’uomo del controverso (e irregolare) finale di Abu Dhabi 2021, per un anno Wittich aveva lavorato a fianco di Eduardo Freitas, poi licenziato dopo il GP di Suzuka del 2022 in quanto considerato responsabile dell’ingresso di una gru in pista per recuperare la Ferrari di Carlos Sainz quando non tutti i piloti erano rientrati nel gruppo dietro alla safety car, oltretutto in condizioni di pioggia che riduceva la visibilità. Wittich è stato rimosso dopo il GP del Brasile, con sole tre gare rimaste da correre nel mondiale, affidate a Rui Marques, ex direttore di gara F2 e F3, quindi privo di esperienza nella categoria maggiore. Più che le motivazioni, comunque non rese note (ma le direzioni di gara di Wittich non sono certo state sempre impeccabili), hanno stupito tempistica e scelta del sostituto.
Degne di menzione anche le uscite di Basarri e Robyn. La prima in quanto le (presunte) dimissioni avrebbero bypassato il protocollo organizzativo che prevede l’approvazione del Senato Fia. La seconda perché riguarda un ruolo, quello di amministratore delegato Fia, che fino a 18 mesi fa non esisteva, e che fu creato da Ben Sulayem allo scopo di incrementare la fetta dei guadagni della Federazione, nettamente sproporzionati a favore di Liberty Media. Una mossa che di fatto trasformava un potere idealmente solo amministrativo in una realtà commerciale, contrapponendosi a Liberty Media che a sua volta cercava di invadere il campo federale di determinazione delle regole, uscendo dal proprio ambito di gestione finanziaria. Un reciproco tentativo di invasione di campo al quale Ben Sulayem non si è mai sottratto, ma ha contribuito, anzi, ha più volte gettato benzina sul fuoco, come quando nel gennaio 2022 fece trapelare un’offerta di 20 miliardi di dollari da parte del fondo sovrano saudita PIF per acquistare la Formula 1. Perché se da un lato è vero che è la Fia ha la proprietaria dei diritti della F1, e che lo sfruttamento di questi è dato in concessione a Liberty Media per 100 anni, non va dimenticato il mandato dell’Unione Europea che separa i diritti sportivi da quelli commerciali, concedendo quindi a Liberty Media l’esclusiva dello sfruttamento dei diritti commerciali fino alla scadenza del contratto.
La tendenza a debordare dal proprio ambito è una costante di Ben Sulayem, basta ricordare la direttiva tecnica 39 con la quale scavalcò le scuderie e Formula One Group facendo passare come misura di sicurezza le prescrizioni per limitare il porpoising (il fenomeno del saltellamento) e quindi evitando il normale iter di approvazione. A un anno dalla scadenza del mandato, con un rapporto con piloti e federazioni passato dall’idillio dei primi mesi a relazioni sempre più burrascose, il presidente sembra optare verso una politica dai toni e dai modi più radicali rispetto a una improntata a strategie maggiormente concilianti.
Non è la prima volta che a capo della Fia c’è un personaggio dagli impulsi dittatoriali, basta ricordare Jean-Marie Balestre e la sua guerra contro Ayrton Senna per favorire Alain Prost (pubblicamente ammessa anni dopo la fine del suo mandato), con tanto di intervento per modificare la decisione di un commissario di gara. Però fu anche l’uomo che dovette gestire la prima guerra Fia (all’epoca Fisa) contro Foc (all’epoca Foca) che nel 1981 portò al primo Patto della Concordia. Quarant’anni e tre presidenti dopo siamo ancora lì, tra invasioni di campo, minacce di scissione, strategie elettorali e macchine del fango (su tutti il caso dei coniugi Wolff, finito in una bolla di sapone). Rispetto ai suoi predecessori Ben Sulayem non ha, fortunatamente, mai dovuto confrontarsi con la morte di piloti (Ratzenberger e Senna per Mosley, Bianchi per Todt), né ha dovuto gestire le conseguenze di un gran premio farsa (Mosley per Indianapolis 2005 e le gomme Michelin), né ha chiuso a tarallucci e vino il più grande scandalo della F1 (Todt per il Singapore-gate organizzato da Briatore e Symonds). Ma questo non basta certo a renderlo un presidente illuminato.
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Ben Sulayem, il Grande Dittatore della Fia: dalla protesta dei piloti alle epurazioni, cresce il dissenso nel mondo della F1
Da Fia a Eia: la Federazione internazionale dell’automobile sembra essere diventata un Emirato internazionale dell’automobile. Non c’entra però nulla la provenienza geografica del presidente, l’emiratino Mohammed Ben Sulayem, quanto le modalità di gestione del dissenso interno, dei non allineati alle politiche dei vertici. Chi non si conforma viene messo a tacere, attraverso licenziamenti (talvolta mascherati da dimissioni) o minacce di pesantissime sanzioni economiche. Gli ultimi ricambi in alcuni ruoli di vertice della federazione, uniti alla presa di posizione della Gpda, l’associazione dei piloti, contro il diktat sulla correttezza del linguaggio da utilizzare, rappresentano gli ultimi due episodi di una gestione, da parte di Ben Sulayem, più da sovrano-dittatore che da presidente.
Da quando è guidata da George Russell, la Gpda non ha mai brillato per intraprendenza. Basta ricordare il silenzio dopo il GP di Qatar dello scorso anno, quello in cui, a causa del caldo estremo, Ocon vomitò nel casco, Sargeant quasi sveniva nell’abitacolo, Alonso si ustionò. Un’associazione dormiente che si è scossa dal proprio torpore dopo le sanzioni comminate a Max Verstappen e Charles Leclerc per linguaggio inappropriato. Parolacce, va sottolineato, non indirizzate ad alcuna persona, bensì a un oggetto inanimato come una monoposto, oppure a una situazione di gara, o ancora al tempo atmosferico. Un’imposizione moralistica, da maestrino, che si aggiunge a quelle sul coretto abbigliamento da utilizzare nel paddock e a ciò che si può dire, attraverso interviste o messaggi su caschi o indumenti, in merito a determinati temi extra–sportivi. Riguardo a quest’ultimo caso, la destinazione dell’eventuale multa pari a 1 milione di euro non è mai stata specificata dalla Fia, nonostante la richiesta di trasparenza avanzata a più riprese dai piloti. Ma nemmeno la menzionata presa di posizione ufficiale dalla Gpda ha ottenuto risposta. I sovrani non dialogano. Ordinano.
Le recenti rimozioni di Niels Wittich e Paolo Basarri sono stati gli ultimi movimenti in uscita all’interno di un processo di rimpasto federale che negli ultimi mesi ha messo alla porta Deborah Mayer, Steve Nielsen, Tim Gross, Natalie Robyn, Luke Skipper e Jacob Bangsgaard. Tutte figure di rilievo, visto che si tratta rispettivamente del direttore di corsa della F1, del responsabile della “commissione etica” (compliance officer), del capo della Comissione donne nel motorsport, del direttore sportivo, del capo tecnico, dell’amministratrice delegata, del direttore delle comunicazioni e del segretario generale della mobilità. La storia più importante riguarda Wittich, dimessosi secondo la Fia, licenziato invece secondo le parole del diretto interessato. Scelto come direttore di gara dopo la rimozione di Michael Masi, l’uomo del controverso (e irregolare) finale di Abu Dhabi 2021, per un anno Wittich aveva lavorato a fianco di Eduardo Freitas, poi licenziato dopo il GP di Suzuka del 2022 in quanto considerato responsabile dell’ingresso di una gru in pista per recuperare la Ferrari di Carlos Sainz quando non tutti i piloti erano rientrati nel gruppo dietro alla safety car, oltretutto in condizioni di pioggia che riduceva la visibilità. Wittich è stato rimosso dopo il GP del Brasile, con sole tre gare rimaste da correre nel mondiale, affidate a Rui Marques, ex direttore di gara F2 e F3, quindi privo di esperienza nella categoria maggiore. Più che le motivazioni, comunque non rese note (ma le direzioni di gara di Wittich non sono certo state sempre impeccabili), hanno stupito tempistica e scelta del sostituto.
Degne di menzione anche le uscite di Basarri e Robyn. La prima in quanto le (presunte) dimissioni avrebbero bypassato il protocollo organizzativo che prevede l’approvazione del Senato Fia. La seconda perché riguarda un ruolo, quello di amministratore delegato Fia, che fino a 18 mesi fa non esisteva, e che fu creato da Ben Sulayem allo scopo di incrementare la fetta dei guadagni della Federazione, nettamente sproporzionati a favore di Liberty Media. Una mossa che di fatto trasformava un potere idealmente solo amministrativo in una realtà commerciale, contrapponendosi a Liberty Media che a sua volta cercava di invadere il campo federale di determinazione delle regole, uscendo dal proprio ambito di gestione finanziaria. Un reciproco tentativo di invasione di campo al quale Ben Sulayem non si è mai sottratto, ma ha contribuito, anzi, ha più volte gettato benzina sul fuoco, come quando nel gennaio 2022 fece trapelare un’offerta di 20 miliardi di dollari da parte del fondo sovrano saudita PIF per acquistare la Formula 1. Perché se da un lato è vero che è la Fia ha la proprietaria dei diritti della F1, e che lo sfruttamento di questi è dato in concessione a Liberty Media per 100 anni, non va dimenticato il mandato dell’Unione Europea che separa i diritti sportivi da quelli commerciali, concedendo quindi a Liberty Media l’esclusiva dello sfruttamento dei diritti commerciali fino alla scadenza del contratto.
La tendenza a debordare dal proprio ambito è una costante di Ben Sulayem, basta ricordare la direttiva tecnica 39 con la quale scavalcò le scuderie e Formula One Group facendo passare come misura di sicurezza le prescrizioni per limitare il porpoising (il fenomeno del saltellamento) e quindi evitando il normale iter di approvazione. A un anno dalla scadenza del mandato, con un rapporto con piloti e federazioni passato dall’idillio dei primi mesi a relazioni sempre più burrascose, il presidente sembra optare verso una politica dai toni e dai modi più radicali rispetto a una improntata a strategie maggiormente concilianti.
Non è la prima volta che a capo della Fia c’è un personaggio dagli impulsi dittatoriali, basta ricordare Jean-Marie Balestre e la sua guerra contro Ayrton Senna per favorire Alain Prost (pubblicamente ammessa anni dopo la fine del suo mandato), con tanto di intervento per modificare la decisione di un commissario di gara. Però fu anche l’uomo che dovette gestire la prima guerra Fia (all’epoca Fisa) contro Foc (all’epoca Foca) che nel 1981 portò al primo Patto della Concordia. Quarant’anni e tre presidenti dopo siamo ancora lì, tra invasioni di campo, minacce di scissione, strategie elettorali e macchine del fango (su tutti il caso dei coniugi Wolff, finito in una bolla di sapone). Rispetto ai suoi predecessori Ben Sulayem non ha, fortunatamente, mai dovuto confrontarsi con la morte di piloti (Ratzenberger e Senna per Mosley, Bianchi per Todt), né ha dovuto gestire le conseguenze di un gran premio farsa (Mosley per Indianapolis 2005 e le gomme Michelin), né ha chiuso a tarallucci e vino il più grande scandalo della F1 (Todt per il Singapore-gate organizzato da Briatore e Symonds). Ma questo non basta certo a renderlo un presidente illuminato.
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Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - Il procedimento che ha portato alla sbarra l'ex giudice Silvana Saguto, il marito e il suo 'cerchio magico' è stato di "particolare rilevanza mediatica". E ha "scoperchiato un sistema corruttivo". E' iniziata così la requisitoria del Procuratore generale di Caltanissetta Fabio D'Anna nel nuovo processo d'appello all'ex giudice Silvana Saguto, dopo la condanna in Cassazione per corruzione. Nel primo processo d’appello, la magistrata radiata dall'ordine giudiziario, era stata condannata a 8 anni e 10 mesi. La Corte di Cassazione ha poi rinviato gli atti a Caltanissetta perché alcuni reati contestati nei capi d'imputazione sarebbero già prescritti e pertanto le pene vanno rideterminate. Nel processo sono imputati anche il marito dell'ex magistrato, Lorenzo Caramma, l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara, ex amministratore giudiziario per i beni sequestrati, il professor Carmelo Provenzano, il commercialista Roberto Santangelo, e il tenente colonnello Rosolino Nasca. L'ex magistrata Silvana Saguto, che dopo la sentenza della Cassazione era stata arrestata, come il marito e l'ex amministratore giudiziario Cappellano Seminara, risulta tuttora detenuta. Secondo l'accusa avrebbe gestito, insieme ad altri, “in maniera clientelare” i “beni sequestrati alla mafia e avrebbe messo in piedi un vero e proprio sistema". L'accusa è rappresentata oltre che Pg Fabio D'Anna anche dal sostituto procuratore generale Gaetano Bono.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Cresce del 10% il consumo televisivo notturno e questo grazie anche ai device che consentono di guardare la tv comodamente a letto, nei locali, in viaggio, nella cuccetta di un treno e via discorrendo. Secondo il report di OmnicomMediaGroup, centro media quotato in Borsa che elabora per conto del quotidiano Libero i dati Auditel, il consumo della tv di notte ha raggiunto numeri importanti. Forse anche per effetto della Total Audience Auditel, che misura appunto l'utenza sui device tecnologici, OmnicomMediaGroup stima una cifra media di oltre 2 milioni di aficionados giornalieri dei programmi notturni con più di 3 milioni di contatti, con aumenti consistenti durante i weekend.
Fra i format più seguiti film, serie tv, news, documentari e naturalmente sport. Domenica notte, per esempio, dopo "La domenica sportiva", "L'altra DS" su Rai 2 dopo l'una ha tenuto una media di 273mila spettatori col 5.5% di share mentre su Canale 5 "Pressing", terminato quasi alle due, ha incollato davanti allo schermo 677mila spettatori medi col 12.1% di share.
Nella notte tra sabato e domenica, invece, "Sport Mediaset-La Giornata" su Italia 1 verso le due e mezza ha totalizzato 116mila teleutenti col 4.5% di share mentre il film "The Town" della serie "I Bellissimi" di Rete 4 fino alle due e mezza ha viaggiato su una media di oltre 150mila spettatori col 6.2% di share e a seguire "Ciak News", il format di news sulle uscite al cinema, ha segnato 128mila teste col 5.2%. Alle quattro di notte, sempre su Rete 4, erano in 50mila (3.6% di share) a vedere "Sandokan, la tigre di Mompracem" di Umberto Lenzi del 1963.
Ottimi riscontri anche per "Applausi" di Gigi Marzullo su Rai 1 dopo le due di notte (131mila teste e 6% di share), la rubrica di Rainews24 "TuttiFrutti" in onda verso le tre in simulcast su Rai 1 (120mila persone con il 7.1% di share), la replica di "Striscia la Notizia" su Canale 5 verso le tre (165mila utenti col 10.3% di share), o il tg "Studio Aperto La Giornata" su Italia 1 dopo le due (115mila teste col 4.5% di share) o ancora il talk "Accordi & Disaccordi" sul Nove verso le due e un quarto (101mila spettatori col 4.2% di share). Ma sorprendono anche i quasi 100mila spettatori (3.8% di share) che alle due e mezza e fino alle tre e passa di sabato notte seguivano su Real Time "Body Bizarre", format su persone affette da patologie rare. Consumo leggermente più alto al Nord, con picchi del 15% di share, poi il Sud che arriva a punte del 10%.
Roma, 18 mar. (Adnkronos Salute) - "Lilly è da sempre protagonista nella lotta al diabete, una delle principali sfide di salute pubblica, grazie a un impegno costante nella ricerca e nello sviluppo di terapie innovative. Un'eredità scientifica iniziata nel 1923 con la prima insulina disponibile in commercio, che ha segnato una svolta nella gestione della patologia e che Lilly ha continuato a perfezionare con l'introduzione della prima insulina umana ottenuta con Dna ricombinante negli anni '80. Oggi, questo impegno si rinnova con tirzepatide, una terapia innovativa per il diabete di tipo 2, frutto di decenni di ricerca metabolica". Lo ha detto Federico Villa, Associate Vice President Corporate Affairs & Patient Access Lilly Italy Hub, nel suo intervento oggi a Roma alla conferenza stampa 'Diabete di tipo 2: investire in salute, tra accesso all'innovazione ed efficienza del Ssn, è la sfida per il futuro', promossa da Lilly.
"Tirzepatide non solo migliora il controllo glicemico e riduce i fattori di rischio cardiovascolare, ma supporta anche la perdita di peso, un fattore chiave nella gestione della malattia, rispondendo a un bisogno clinico ancora insoddisfatto", evidenzia Villa. "Lilly - sottolinea - continua a investire significativamente in ricerca e a rafforzare la propria presenza nell'area del diabete: nello stabilimento di Sesto Fiorentino, tra i più grandi centri europei per la produzione di farmaci biotecnologici, Lilly produce insulina da Dna ricombinante e farmaci innovativi per la cura del diabete come tirzepatide - che definisco orgogliosamente un farmaco 'made in Italy' - confermando un impegno storico nella cura di questa patologia e garantendo soluzioni terapeutiche all'avanguardia per i pazienti di oggi e di domani".
E dopo l'ok dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alla rimborsabilità di tirzepatide, il primo e fino ad oggi unico farmaco di una nuova classe terapeutica, agonista recettoriale di Gip e Glp-1, per Villa "ora è fondamentale accelerare anche i processi regionali per evitare di creare differenze troppo forti a livello territoriale nell'accesso alle cure e garantire gli stessi livelli di cura a tutti i pazienti diabetici sul territorio nazionale". Come "azienda - conclude - ci siamo impegnati molto per far sì che tirzepatide potesse essere disponibile per tutti i pazienti che ne avessero bisogno in ogni regione, andando anche a rispondere al problema delle carenze che ha caratterizzato questa classe di farmaci negli ultimi anni. Forti di un'alleanza che va avanti da anni, abbiamo lavorato con tutti gli stakeholder coinvolti nel percorso di cura del paziente, specialisti, medici di famiglia e farmacisti, al fine di valorizzare un percorso di cura integrato ed efficiente a beneficio del paziente, garantendo prossimità di cura e rapido accesso all'innovazione. Innovazione che a sua volta offre poi risparmi diretti e indiretti per il sistema, riducendo complicazioni e prevenendo il carico sugli ospedali e sul sistema sociale e previdenziale. L'innovatività nell'ambito delle cronicità non è sempre valorizzata a sufficienza, ma è capace di generare enormi impatti di salute anche a causa dell'alta prevalenza e crescente incidenza di patologie come diabete e obesità. Farmaci come tirzepatide offrono oggi al clinico uno strumento di cura olistico per pazienti affetti da questa grave patologia".
Roma, 18 mar. (Adnkronos Salute) - "La lipoproteina (a) rappresenta un ulteriore fattore di rischio in ambito cardiovascolare. E' stata categorizzata come fattore di rischio indipendente, ma ha anche la capacità di peggiorare la situazione di pazienti che già ne presentano altri. La Lp(a) non è altro che una componente dell'Ldl che lo rende ancora più aterogeno e aggressivo per i nostri vasi. Geneticamente determinata, si può testare con un classico esame del sangue. Basta misurarla un'unica volta e avremo una stima significativa del suo valore con piccole oscillazioni nel corso della vita". Lo ha detto Mario Crisci, dirigente medico Uoc Cardiologia interventistica presso l'Azienda ospedaliera di rilievo nazionale (Aorn) dei Colli, ospedale Monaldi di Napoli, in occasione dell’incontro 'Non solo colesterolo Ldl: alla scoperta della Lipoproteina (a)', organizzato da Novartis questa mattina a Milano.
"Non esiste un identikit valido per tutti i soggetti a rischio cardiovascolare - prosegue Crisci - ognuno ha la sua categoria che viene determinata sulla base di alcune caratteristiche cliniche come colesterolo, ipertensione arteriosa, glicemia, fumo di sigaretta. Sulla base di questo, siamo in grado di valutare, attraverso degli score, il rischio del paziente e dividerlo in categorie da basso a moderato, elevato e molto elevato. Sulla base della categoria di rischio andiamo ad adattare lo screening cardiovascolare ed eventualmente a decidere i target terapeutici da raggiungere. Questo ha un grosso impatto nello screening della popolazione e andrebbe sempre effettuato nel corso di una semplice visita o di medicina generale o cardiologica".
Oggi la sfida nella gestione dei pazienti con elevati livelli di Lp(a) è gravata dal fatto che non esistono farmaci approvati specificamente per ridurne i livelli, pertanto, i medici si concentrano su strategie indirette. "Attualmente solo la plasmaferesi è in grado di ridurre in modo significativo i livelli di lipoproteina(a), ma è una tecnica abbastanza invasiva - spiega Crisci - Dal punto di vista farmacologico nessun'altra molecola ha un grosso impatto su di essa. Sono, però, in corso degli studi con Aso e siRna che sono nuove tecnologie e farmaci davvero innovativi che possono abbattere in modo significativo il livello Lp(a) e ridurre il rischio cardiovascolare dei nostri pazienti".
Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - Nel 2016 il collaboratore di giustizia, ex agente della Polizia penitenziaria Pietro Riggio, avrebbe ricevuto pressioni dai vertici dei Servizi segreti "per non accusare" Antonello Montante, l'ex Presidente degli industriali siciliani condannato per corruzione. Lo ha ribadito, proseguendo la deposizione al processo per il depistaggio a carico di due ex generali dei carabinieri in pensione accusati del reato di depistaggio, gli ufficiali Angiolo Pellegrini, 82 anni, storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone, e Alberto Tersigni, 63 anni, entrambi per anni in forza alla Dia.montante, "Sono stato agganciato presso uno studio legale di Latina, dove allora ero sotto protezione - dice Riggio - dal generale Nicolò Pollari, che ebbe a sollecitarmi, quasi a rimproverarmi, perché stavamo perseguendo Montante e lui sollecitava che dovevamo lasciarlo in pace". L'ex poliziotto della penitenziaria, in rapporti con la criminalità organizzata prima di collaborare, sostiene di essere stato intimorito nel 2016 a Latina, la città dove ha vissuto sotto protezione per diversi anni quando era collaboratore di giustizia, ma prima che fornisse le nuove dichiarazioni. Avvertimenti sui quali aleggia l'ombra degli 007 italiani, come ha spiegato oggi ancora una volta, come fece al processo trattativa Stato-Mafia. E anche oggi ha tirato direttamente in ballo il generale Nicolò Pollari, ex numero uno del servizio segreto militare ai tempi del Sismi, il quale lo avrebbe cercato nello studio legale del suo avvocato latinense.
Roma, 18 mar. (Adnkronos Salute) - Ha un ruolo determinante come fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (Cv), ancora oggi prima causa di morte e disabilità al mondo. E' la lipoproteina (a), nota anche come Lp(a), condizione ereditaria nascosta nei geni di 1 persona su 5. Scoperta nel 1963 da Kåre Berg, il suo rapporto causale con la malattia coronarica e l'infarto del miocardio è stato definito in modo inequivocabile nel 2009 con lo studio genetico realizzato dal consorzio europeo di ricerca Procardis. Ampi studi prospettici successivi hanno ulteriormente confermato come elevati livelli di Lp(a) (>50 mg/dl) contribuiscano allo sviluppo di aterosclerosi e stenosi aortica, entrambe causa di infarto miocardico e ictus, rendendola così una delle variabili da monitorare, soprattutto nella prevenzione secondaria delle malattie Cv. Se ne è parlato oggi, a pochi giorni dalla Giornata mondiale della Lp(a) in programma il 24 marzo, in un evento organizzato da Novartis.
La lipoproteina(a) è una particella sferica biosintetizzata nel fegato costituita da una lipoproteina Ldl a cui si aggiunge la apolipoproteina(a), o Apo(a), mediante formazione di un ponte disolfuro tra apolipoproteina B100 e Apo(a). E' determinata geneticamente, codificata dal gene Lpa situato sul cromosoma 6q26-27, e i suoi livelli, che restano pressoché stabili nel corso della vita, non sono modificabili con cambiamenti dello stile di vita come dieta ed esercizio fisico. Da un punto di vista epidemiologico, le donne over 50 presentano maggiori concentrazioni di Lp(a), pari a circa il 17% in più rispetto agli uomini, un aumento che coincide generalmente con la menopausa. A coloro che hanno testato la Lp(a) prima della menopausa andrebbe quindi consigliato di ripetere il dosaggio dopo la menopausa, o comunque entro 5 anni dal compimento dei 50 anni.
Uno studio prospettico del 2022 ha inoltre evidenziato che i soggetti geneticamente predisposti presentano livelli elevati di Lp(a) sin dalla nascita. Sebbene nei primi anni di vita i livelli di lipoproteina(a) siano generalmente bassi, il sangue del cordone ombelicale può essere un valido indicatore dei livelli di Lp(a) del sangue venoso neonatale che, se ≥ 90° percentile, possono aiutare l'identificazione dei neonati a rischio di sviluppare livelli elevati di Lp(a) in futuro. Valori superiori a 30 mg/dL sono stati associati a un aumento del rischio di ictus ischemico primario e ricorrente nei bambini e negli adolescenti.
"Il rischio cardiovascolare legato alla lipoproteina (a) sta diventando sempre più un tema di attenzione, soprattutto nei pazienti con precedenti eventi acuti o altre patologie cardiache - spiega Claudio Bilato, direttore della Cardiologia degli ospedali dell'Ovest Vicentino e professore a contratto presso la scuola di specializzazione in Malattie dell'apparato cardiovascolare dell'università di Padova - Studi recenti mostrano che livelli elevati di Lp(a) possono aumentare del 20% il rischio di infarti o ictus, indipendentemente dai fattori di rischio tradizionali. Questo rende evidente che non considerare la Lp(a) nella valutazione complessiva del rischio cardiovascolare ne determina una sottostima. Al contrario, quindi, il suo dosaggio andrebbe incluso per una corretta ridefinizione del livello di rischio".
La Lp(a) è un fattore di rischio indipendente, poiché non legato ad alcuno dei tradizionali fattori di rischio Cv come dislipidemia, obesità e fumo, ed è un parametro importate nel definire o riclassificare il rischio Cv complessivo del paziente: elevati livelli di Lp(a) conferiscono un rischio più elevato ai soggetti con ipercolesterolemia, pur non influenzando i livelli di Ldl-C. Il dosaggio della Lp(a) andrebbe effettuato in pazienti a medio-alto rischio Cv per una migliore riclassificazione del rischio, in pazienti con eventi acuti recenti, prematuri o ricorrenti (anche in caso di controllo ottimale dei fattori di rischio convenzionali) e in pazienti con una storia familiare di eventi Cv prematuri, in pazienti con dislipidemie genetiche o in soggetti con significativa familiarità per malattia cardiovascolare. In particolare, per i pazienti con eventi acuti recenti, l'ospedalizzazione rappresenta un'opportunità indicata per valutare il rischio CV mediato dalla Lp(a) poiché i suoi livelli si abbassano immediatamente dopo l’evento, ma possono triplicarsi nelle settimane successive.
"La Lp(a) è un fattore di rischio che predice e peggiora il rischio cardiovascolare. Questo suggerisce come lo screening rappresenti un'opportunità concreta per prevenire eventi acuti evitabili - afferma Mario Crisci, dirigente medico Uoc Cardiologia interventistica, Aorn dei Colli - ospedale Monaldi, Napoli - La misurazione della Lp(a), dovrebbe essere presa in considerazione almeno una volta nella vita di ogni adulto per identificare coloro con livelli ereditari molto elevati. Il suo dosaggio andrebbe inserito nel normale percorso di ospedalizzazione a seguito di sindrome coronarica acuta o ictus e ripetuto a distanza di 1-3 settimane dall'evento acuto".
Oggi la sfida nella gestione dei pazienti con elevati livelli di Lp(a) è gravata dal fatto che non esistono farmaci approvati specificamente per ridurne i livelli, pertanto i medici si concentrano su strategie indirette, come il controllo di altri fattori di rischio Cv, tra cui il colesterolo Ldl, l'ipertensione, il diabete e l'infiammazione. Nei casi più gravi si ricorre all'aferesi delle lipoproteine, una procedura invasiva simile alla dialisi che rimuove fisicamente la Lp(a) dal sangue. Tuttavia, negli ultimi anni la ricerca ha compiuto progressi significativi, con lo sviluppo di nuove terapie attualmente in fase di sperimentazione clinica. Tra queste pelacarsen, un oligonucleotide antisenso attualmente in fase 3 di sperimentazione clinica, sta dando risultati promettenti.
"In Novartis sappiamo che le malattie cardiovascolari restano ancora oggi un'emergenza sanitaria globale - dichiara Paola Coco Country, Chief Scientific Officer and Medical Affairs Head Novartis Italia - Il nostro impegno è quello di individuare soluzioni terapeutiche in grado di rispondere a questa sfida e renderle disponibili ad un numero sempre maggiore di pazienti. E' il nostro modo di reimmaginare il futuro delle patologie cardiovascolari per garantire una migliore qualità di vita e sopravvivenza sul lungo periodo affinché nessun cuore smetta di battere troppo presto".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - La procura di Roma ha chiesto il processo per quattro medici in relazione alla morte di Andrea Purgatori, avvenuta nel luglio 2023. L’accusa contestata è di omicidio colposo. I pm di piazzale Clodio avevano chiuso le indagini lo scorso dicembre nei confronti del radiologo Gianfranco Gualdi, l’assistente Claudio Di Biasi e la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo, e il cardiologo Guido Laudani. Ora la richiesta di rinvio a giudizio e l’udienza preliminare che prenderà il via il prossimo 19 settembre.